Il mio curioso peregrinare tra le infinite sfaccettature del mondo della comunicazione mi porta spesso ad esplorare, tra le altre, la nicchia creativa legata agli spot e all’advertising in generale. Chi volesse affrontare lo stesso periglioso percorso si premuri di affinare le ricerche e di selezionare con cura le tappe del viaggio: il rischio di farsi cadere le braccia è oltremodo elevato.
Sia chiaro: non è facile esprimere creatività in una manciata di secondi, regalare ironia attraverso una immagine o irradiare eleganza usando poche parole, ma è pur vero che alcuni spot e alcuni slogan sono piccoli capolavori. La differenza la fanno i talenti e le capacità, come sempre.
Sarà la moltiplicazione planetaria ed esponenziale dei messaggi veicolati, sarà l’imbarbarimento del genere umano, o tempora o mores, sarà la contrazione del messaggio in pochi secondi, sarà che ogni livellamento tende a manifestarsi più facilmente verso il basso, ma la qualità media oggi espressa appare piuttosto sconfortante.
Lo spot delle merendine
“E’ una merendina per futuri obesi cardiopatici che frignano per avere dei pupazzetti splatter e tengono in pugno genitori con la personalità di un budino. Allora mettiamo dei mostriciattoli vomitosi in gomma puzzolente nella confezione e mostriamo un fattore che munge le vacche a mano. Certo, la merendina è fatta mischiando polvere di pneumatici con peli di cammello radioattivo, ma son dettagli: alla casalinga di Voghera basterà vedere qualche immagine bucolica e la scritta “BIO” per correre al supermercato. Sarà un successo…”
Applausi, strette di mano, pacche sulle spalle. Molto bene.
Lo spot del profumo
“Il profumo non si sente attraverso pagine e schermi (per fortuna, ndr), quindi dobbiamo usare immagini che facciano sognare: modelli con espressioni da beoti, yacht di lusso guidati da cavalli blu, leopardi in vasca da bagno, manager che giocano a scacchi contro armadilli in frac. E’ un puzzle che non vuol dire un cazzo, lo so, ma l’impiegato di Casalpusterlengo sognerà il mondo patinato ed esclusivo evocato dallo spot e correrà in profumeria. Ah, è fondamentale che il nome del profumo sia pronunciato in lingua straniera, con accento eccessivo e voce roca; direi un tono da mal di pancia, più o meno come uno che si sta cagando addosso. Fa molto cool & fashion…”
Urla di entusiasmo, manager che si danno il cinque, bottiglie di spumante stappate. Molto bene.
Lo spot del detersivo
“Ideona: due casalinghe si incontrano al supermercato ma una è corrucciata e triste. Il problema non sono i suoi figli bimbiminkia che non sanno mettere due congiuntivi in fila; no, nemmeno il marito col vuoto pneumatico in testa tatuato come un maori. Il suo vero dramma esistenziale sono le macchie di sugo sulle canottiere. Ma ecco che l’amica le mostra il nuovo detersivo “Toglimacchdipomodor”… Lei accarezza la confezione in modo sensuale, capisce che la sua vita cambierà ed escono insieme dal negozio con aria complice. Tutte le casalinghe di Forlinpopoli che vivono i loro momenti di socializzazione ed erotismo al supermercato si riconosceranno nello spot e correranno a comprare il detersivo!!!”
Commozione, assegni a quattro zeri, congratulazioni dall’amministratore delegato. Molto bene.
Lo spot dell’automobile
“Questo modello consuma più o meno come lo Shuttle Discovery. Dichiariamo che fa 25 km con un litro e mettiamo un microscopico asterisco; poi facciamo passare alla velocità della luce una scritta grande come un neutrino in cui specifichiamo che il consumo è stato stimato tenendo l’auto ferma in garage. Ne venderemo un botto!”
Coro trionfante dell’Aida, budget raddoppiato, premio produzione assicurato. Molto bene.
…
Potrei continuare con altri esempi. Per pagine e pagine.
Il minimo comune denominatore di questi spot dozzinali è quasi sempre lo stesso: ironia col lumicino, creatività non pervenuta, innovazione zero e i destinatari del messaggio considerati come un branco di decerebrati da spennare, privi di spirito critico, abbindolabili con quattro lustrini da sagra paesana.
Ma questa gente davvero immagina noi consumatori italiani come tanti sprovveduti pronti ad abboccare?
Ma davvero ci credono un branco di ingenuotti buoni per le catene di Sant’Antonio e per altre bufale da condividere sui social network?
Insomma, ho come l’impressione che ci trattino come tanti pitocchi con l’anello al naso e la cosa mi irrita: se pensano che siamo ridotti così si sbagliano di grosso e prima o poi se ne accorgeranno.
– Basta che accendano la TV e… beh no, forse no.
– Qualsiasi prima pagina di giornale potrebbe… no, meglio che non le leggano.
– Forse leggendo la qualità media di post e commenti su internet… no, che figura, come non detto.
– Qualsiasi luogo pubblico o bene comune o regola condivisa potrà rendere testimonianza comunque del nostro grado di civiltà e del nostro alto senso civico… mmh forse no, questo no.
– In ogni caso il nostro millenario spessore artistico e culturale ancora oggi rifulge e ci eleva ad eredi di una tradizione che… certo, non proprio in modo così evidente ma… vabbè lasciamo perdere.
Beh insomma è ovvio che… cioè adesso non mi vengono gli esempi ma… basti pensare per esempio a…
Oh cazzo.
Ripensandoci, in fin dei conti, quegli spot non sono poi così male.
Pungente e ironico… come sempre
…. te lo sto scrivendo con voce roca e pesante accento francese…