Agosto 2016, in vacanza con gli amici presso uno dei luoghi più esotici e sensuali della penisola.
Decidiamo di approfittare di una rinomata rosticceria in zona per risolvere la cena con qualche sfiziosa specialità locale. Le ragazze del gruppo mi incaricano di gestire le ordinazioni al telefono, mentre si crogiolano al sole a bordo piscina.
Subito, principesse. Provvedo subito.
Chiamo, mi qualifico e spiego alla gentile interlocutrice la situazione; indi poscia ordino arancini (o arancine?) per tutti e aggiungo dieci porzioni di insalata di polpo.
Dice “Sì ma quanta gliene preparo?”
Rimango interdetto; sono sicuro di aver parlato con voce stentorea e in un buon italiano, per lo meno comprensibile. Vabbè, magari la comunicazione è stata disturbata dall’interferenza di qualche scia chimica o dalle intercettazioni di rettiliani che tramano per invadere la terra; meglio portare pazienza e proseguire sulla strada del dialogo.
“Gentile operatrice, le dicevo dianzi, e le confermo ora, che gradirei perfezionare l’acquisto di dieci porzioni”.
Dice “Sì ma qui andiamo a peso: quanta ne vuole?”
Respiro a fondo. Mi comincia a salire il napalm, ma cerco di mantenere la calma: le Pine stanno ascoltando in viva voce e sono pronte a stigmatizzare simpaticamente qualsiasi mia intemperanza. Non aspettano altro…
“Veda carissima, le spiego: io mi occupo di informatica applicata ai processi aziendali, quindi sono in grado di fare valutazioni ed elaborare progetti abbastanza affidabili riguardo alla meccanizzazione di realtà produttive anche piuttosto complesse. Sul polpo invece non ho competenze specifiche, quindi farei fatica a stimare la quantità di cefalopode necessaria e sufficiente a sfamare dieci persone. Lei che invece di mestiere prepara decine di porzioni di insalata di polpo ogni giorno, che mi dice?”
Dice “Sì io la preparo ogni giorno, ma andiamo a peso, non a porzioni; quanta ne preparo?”
Comincio a trasfigurare; mi viene in mente il Lino Banfi dei tempi d’oro che si stropicciava il viso per cercare di contenere incazzature esplosive. Percepisco le vibrazioni delle Pine vicino a me: già pregustano la reprimenda. Riesco faticosamente a controllarmi.
“Mia brillante ed elastica interlocutrice, proviamo a trovare insieme una soluzione producendoci in un cambio di prospettiva che non esiterei a definire copernicano…”
“Come prego…?”
“Mi segua e permetta una domanda: per caso mi sa dire quanto pesa, mediamente, una porzione di insalata di polpo, di quelle che lei prepara da mane a sera tutti i dì? Così, anche a spanne…”
Dice “Mah, saranno più o meno cento grammi a porzione”.
“Allora guardi: facciamo 10 etti, grammo più, grammo meno, e siamo a posto.”
Scacco matto, mossa elegante e salace. Accenno un ghigno provocatorio alle Pine e l’autocompiacimento si impenna. Continuo, lanciatissimo: “Se possibile vorrei anche della frittura mista, sempre per una decina di persone.”
Dice “Sì, ma qui andiamo a peso: quanta ne vuole?”
Maledetta. Vuole la guerra.
L’occhio divertito e inquisitore delle Pine mi trapassa, il napalm trabocca da ogni neurone; vacillo, ma con freddezza esemplare risolvo l’empasse:
“Facciamo 1 chilo, grammo più, grammo meno.”
Risoluto, sbrigativo, inappuntabile. Certo: il rischio di aver sbagliato la dose e di poter subire raccapriccianti ritorsioni femminee in serata mi procura un brivido lungo la spina dorsale, ma dissimulo bene.
Dice: “Allora riepiloghiamo: 10 arancini (o arancine?), 10 etti di polpo e 1kg di frittura mista. Per che ora?”
“Verso le 20 può andare bene, grazie.”
Dice: “No, troppo presto, non ce la facciamo: abbiamo già altre ordinazioni per quell’ora. Sarà tutto pronto per le 21”.
Canaglia. Vigliacca. Un colpo basso.
Il napalm detona.
“Senta un po’, maremma imbufalita, ma se già sapeva di poter sfornare le mie ordinazioni non prima delle 21, per quale cavolo di motivo mi ha chiesto la preferenza sull’orario…?”
Non riesco a sentire la risposta, né lei può apprezzare il resto dello sfogo: le Pine mi strappano lo smartphone dalle mani proprio mentre erutto una spettacolare escalation di imprecazioni in lingue antiche.
Proseguono loro nel dialogo con la facinorosa, ridendo amabilmente della mia immotivata irascibilità maschile e ottenendo oltretutto un sensibile sconto sul totale.
Ore 21:15, siamo a tavola.
In aggiunta alle mie ordinazioni vi sono alcune specialità locali offerte dalla sobillatrice telefonica, che in realtà dal vivo, con le Pine, pare si sia rivelata affabile e squisita.
“E’ stata gentilissima, come tutti gli abitanti di questi luoghi meravigliosi. Sei tu che con i tuoi modi burberi e imbruttiti da nordico stressato innervosisci la gente…”
Subisco la predica con dignità esemplare e orecchie basse, limitandomi a brontolare sommessamente. In segno di viva e vibrante protesta, però, mangio gli arancini (o arancine?) senza proferire alcun gemito di godimento.
Poco da irridere: vi assicuro che si tratta di impresa ardua.