Confesso di essere da sempre un estimatore accanito di Woody Allen e sono consapevole di andare a vedere i suoi film con una predisposizione che potrebbe rendere poco obiettivo il giudizio a fine serata. Tuttavia nel caso di “Basta che funzioni” (“Whatever works” – 2009) il giudizio dato a caldo, in sala, ha superato anche le successive, numerose visioni in DVD; quindi dovrebbe essere ormai definitivo.
La trama
Boris Yellnikoff è un fisico geniale, ex candidato al premio Nobel. Col passare degli anni, dei divorzi e di un tentato suicidio, è tuttavia diventato un cinico, insopportabile brontolone e sbarca il lunario insegnando il gioco degli scacchi ai ragazzini di New York. E’ ruvido, pessimista, ipocondriaco, caustico e terribilmente lucido. Vive in una stamberga nel Greenwich Village e non sopporta il genere umano, eccezion fatta per un ristretto manipolo di amici, gli unici in grado di sopportarlo col sorriso. A fargli compagnia sono solo il suo genio, le sue fisime e le sue fobie.
Tutto cambia quando incontra per caso Melodie, una ingenua, bellissima ragazza di provincia che gli chiede ospitalità. La candida indifferenza della pulzella nei confronti di ogni sovrastruttura culturale metropolitana, il suo basso QI, la sua spontaneità assoluta, la sua inclinazione ai clichè, il suo ottimismo immotivato ed ingenuo, scalfiscono giorno dopo giorno la misantropia di Boris, fino a farlo capitolare.
A sorpresa piombano in città anche i genitori della sposa, per i quali l’incontro con Boris e con una New York dipinta come il centro delle energie creative e culturali del mondo, segna una svolta epocale ( “Morirà di shock culturale…” ). Lei, bigotta mogliettina di campagna, diventa una artista d’avanguardia con due uomini nel letto e lui, religiosissimo cow boy tradizionalista, si scopre omosessuale.
Intanto la giovanissima moglie di Boris si innamora di un suo coetaneo e il nostro eroe tenta nuovamente il suicidio, gettandosi dalla finestra e atterrando su una medium che diventerà la sua futura compagna.
L’opinione del Ceo
Da vedere. Il film segna il ritorno di Woody Allen alla regia e all’ambientazione newyorchese (deliziosa) ed è un godibilissimo cocktail di cinismo e ironia; il caratteraccio del protagonista regala allo spettatore una raffica di dialoghi salaci, aggressivi e divertenti. Il finale poi vira a sorpresa verso un moderato ottimismo, senza tuttavia nessuna concessione al tradizionale lieto fine.
Il personaggio del protagonista, Boris, interpretato in modo magistrale da Larry David, è una sorta di alter ego del regista e l’ho trovato ispirato e oltremodo piacevole. Anche gli altri attori sono bravissimi. Tuttavia, come spesso accade nei film di Woody Allen, i veri protagonisti sono New York, qui vista dal basso, e la sceneggiatura.
Citazioni
Boris: Qualunque amore riusciate a dare o ad avere, qualunque felicità riusciate a rubacchiare o a procurare, qualunque temporanea elargizione di grazia, basta che funzioni… E non vi illudete… Non dipende per niente dal vostro ingegno umano… Più di quanto non vogliate accettare è la fortuna a governarvi!!!
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Helena: Beh, tu devi avere una idea molto pessimista del genere umano…
Boris: Oh sì, il genere umano… hanno dovuto installare toilette automatiche nei bagni pubblici perché non c’era da fidarsi che la gente tirasse la catena… capisci?… non sanno neanche tirare la catena…
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Boris: Naturalmente ci sono eccezioni a quello che sto per dire, ma sono eccezioni, non la regola. L’amore, malgrado quello che dicono, non è vero che conquisti tutto e non è neanche vero che duri in eterno, alla fine le tue romantiche aspirazioni della giovinezza si riducono a… basta che funzioni.
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Boris: Visto…? Io sono l’unico ad avere una visione d’insieme… Ecco quello che chiamano Genio
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