Politica e social network

In queste ultime settimane elezioni e vicende parlamentari più o meno interessanti hanno tenuto banco nei palazzi del potere.

E’ quindi comprensibile che l’argomento politica, in questi giorni, vada per la maggiore e che i cittadini partecipino al dibattito. Anche in rete.

Ma a tutto c’è un limite. Io ne ho i coglioni pieni.

Una volta le discussioni politiche grossolane erano confinate ai bar sport, dove offrendo un bicchiere di rosso si potevano far cessare gli sproloqui. Oggi invece i politologi e i pensatori de noaltri  possono vomitare i loro pensieri in rete. E non ci sono bicchieri di rosso che tengano: ogni social network è infettato dalla virulenta dissenteria delle opinioni politiche all’ingrosso. Trattasi di pensieri lievi e veloci, mediamente privi di spessore e profondità, la gran parte delle volte semplici condivisioni di link o copia / incolla di vignette o frasi fatte.

Eppure tutti sembrano orgogliosi di partecipare a questa sagra della superficialità, a questo tripudio di cinguettii striduli. Proliferano ovunque discussioni più adatte a trovare spazio in un una gabbia di cercopitechi che all’interno di un dibattito politico nel senso nobile della parola.

Il risultato finale è che questi incontinenti intellettivi triturano i coglioni al mondo trasformando ogni spazio di condivisione in una specie di ridicolo comizio permanente di periferia. Si stracciano le vesti in nome di principi o di istituti giuridici o di candidati di cui fino al giorno prima manco conoscevano l’esistenza. Condividono, inoltrano, linkano e commentano come degli spammer di professione.

“Noi che non votiamo di qua” (ma chi vi ha chiesto niente), “Noi che invece votiamo proprio di là” (vedi sopra), “Italia senza costui” (uuuuh che picco di pensiero interessante), “Chi vota questo si cancelli dalle mie amicizie” (li ho presi sul serio tutti, a prescindere dal mio voto, molta stupidità in meno con un solo click…), “Il politico Pinco Pallo dice le stesse cose che diceva Hitler, o Stalin, o Pol Pot, o Pinochet” (ma cosa fai l’analista storico-politico se manco sai di chi o cosa stai parlando, quali fonti stai citando, quali riferimenti storiografici snoccioli… torna a giocare a Tetris e non ti allargare…).

Avrete capito che il dettaglio e i contenuti non sono essenziali: tutto fa brodo, in un delirante guazzabuglio di pseudo-opinioni non richieste al cui confronto un dibattito tra tifosi di calcio sembra un consesso di fini intellettuali.

Caratteristica comune degli attori di questo triste teatrino, oltre a quella di rompere i coglioni, è di avere il cervello all’ammasso. Solo loro hanno la verità in tasca (tutti), solo loro si informano (sui social network e in TV, si badi bene, che oltre non vanno), solo loro sono pensatori liberi (gli altri sono prezzolati o ignoranti) e solo loro hanno capito tutto. E ogni cazzata che viene in mente a loro la presentano come “quello che vogliono gli italiani, quello che vuole il popolo” (ma chi cazzo sei, chi ti ha dato mandato di interpretare i pensieri altrui, con quale arroganza parli in nome d’altri…)

E la cosa tragica è che si sentono in dovere di diffondere il verbo. Predicano, spiegano, illuminano le menti di chi non arriva al loro acume (…).

D’accordo, può essere un buon modo per scaricare le proprie frustrazioni. Ma se non hanno i soldi per pagare l’analista devono per forza spaccare le balle al resto del mondo?

Hey, pensatori de noaltri, politologi da curva sud, a questo punto ho un paio di cosette da dirvi pure io!!

La prossima volta vi accingete ad illuminare il mondo intero con uno dei vostri geniali sforzi intellettivi, pensate allo spam che invade la vostra casella di posta elettronica e fatevi questa domanda: “Non è che magari rompo il cazzo a vomitare continuamente sulle bacheche altrui le mie originalissime alzate d’ingegno, i miei commenti del piffero uguali a mille altri e le mie interessantissime opinioni non richieste?”.

Se la dissenteria ideologica ancora non si dovesse arrestare, mettete in piedi un blog e riempitelo delle vostre acute riflessioni politiche. Così se qualcuno è interessato se le va a leggere e voi non rompete le palle a tutti gli altri impestando la rete con le vostre cazzatine (poi contate gli accessi al blog e rendetevi conto di quanto siano interessanti per il resto del web le vostre opinioni, così magari vi date una ridimensionata…).

Infine memorizzate questo proverbio veneziano (presente anche in vari altri dialetti italiani): le opinioni xè come i busi del cueo. Ognun ghe ne gà uno e tutti i spussa. E ricordatevi che voi non fate eccezione.

Ora fuori dal mio blog, che tanto qui non troverete spazio. Nemmeno nei commenti. Qui le cazzate le trattiamo seriamente.

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