Manuale “espresso” di seduzione per dongiovanni in erba
L’aneddoto risale a qualche anno fa. La prima volta che l’ho incontrata eravamo in un locale; si chiamava Barbour Street, se non ricordo male. Ora non esiste più ma all’epoca era molto frequentato dai ggiOvani di Padova. Di seguito il racconto di come l’ho conquistata; i ragazzetti di oggi prendano nota e imparino: scacco matto in quattro mosse…
Primo incontro – (Studiare la preda e affascinarla senza mettersi troppo in gioco)
Ero lì a fare il cascamorto con una tipa quando all’improvviso sono rimasto fulminato. No, niente dito nella presa elettrica. E’ che all’improvviso ho visto lei: bionda, minuta, occhioni azzurri. Sembra la descrizione di uno stereotipo ma vi assicuro che era deliziosamente carina.
La ragazza che stavo importunando mi ha mandato giustamente a quel paese per il poco impegno con cui la tampinavo ed io, in evidente stato confusionale, ho chiesto a tutte le amiche se per caso qualcuna di loro conoscesse quella divinità bionda. In effetti lì dentro, bene o male, si conoscevano tutti. Ovviamente, siccome il mio soprannome è fortunato fortunello, nessuno l’aveva mai vista. Poco male, era tempo di entrare in azione. Sono sceso in pista e, novello Tony Manero, ho tentato di conquistarla con qualche sensuale passo di danza; pochi per la verità, a causa di due stiramenti muscolari, ma sufficienti per fare colpo.
Inspiegabilmente non ha fatto caso alla mia performance, nonostante mi fossi avvicinato a non oltre 6 metri lineari da lei…
Una delle mie amiche, notata la debacle, si è offerta di andare a parlarle direttamente per rivelarle, indicandomi col dito, che la volevo conoscere e che le avrei offerto volentieri da bere. L’ho stesa con una antichissima mossa di judo prima che riuscisse ad alzarsi dalla sedia e realizzare la sua idea folle. Potete immaginare, subito dopo, le facili ironie delle amiche sui maschi di oggi, su cacciatori e prede, e bla bla e bla bla. Blateravano irridenti mentre io, sconsolato, affogavo le pene d’amore in un chinotto on the rocks corredato di analgesico per i dolori muscolari.
Secondo incontro – (Entrare nella sua quotidianità in punta di piedi)
Qualche giorno dopo, passeggiando in un centro commerciale, altra scossa al cuore senza dita nella presa. Ancora lei, la biondina del Barbour Street. Stavolta vestiva i panni di una standista ma era sempre bellissima: vendeva le macchinette per fare il caffè, quelle con le capsule colorate. Passavo ogni sera, dopo il lavoro, e più volte nei week end. Ascoltavo le sue parole incantato e sorseggiavo il caffè, senza proferire verbo: uno sproposito di tazzine trangugiate con lo sguardo perso nei suoi occhi. La solita amica dalle idee balzane mi incitava a presentarmi, farle un po’ la corte e invitarla fuori; rispondevo con superiorità che stavo semplicemente adottando una strategia: non mi andava di fare il galletto, dare troppo nell’occhio o inflazionare la mia immagine. E lei, cinica: “Te ghè capìo tutto dea vita… Ma quale strategia e inflazione… ti decidi a invitarla fuori o vuoi entrare nel guinnes dei primati come bevitore di caffè e come re dei pandoli mentre lei va a cena con qualcun’altro?” Naturalmente, da accorto stratega, non ho ascoltato i suoi deliri femminei.
Accreditavo la mia tattica citando il “Cunctator” e lei mi rispondeva “No, te si solo un mona”. Ma ho tenuto duro.
Al momento opportuno ho comprato la macchinetta e le cialdine mostrandomi interessato ed entusiasta. Ormai il più era fatto, ora bastava solo che si accorgesse della mia esistenza… Ecco allora che un giorno, dopo aver preso le pillole per la tachicardia (dalle analisi risultavo avere una tazza di caffeina per ogni grammo di sangue…) sono tornato al centro commerciale intenzionato a conquistarla. La scusa per attaccare bottone ce l’avevo chiara in testa: le avrei offerto un caffè, manifestando così tutta la mia magica ironia, il mio senso dell’humor, il mio savoir faire…
Ovviamente, siccome mi chiamano fortunino fortunello, non c’era più.
“Te l’avevo detto… Carpe diem!” mi ha redarguito affettuosamente l’amica di sempre. Ho reagito in modo molto maschio. Spuma doppia con ghiaccio e amare considerazioni sul destino cinico e baro. Il vecchio Humphrey sarebbe stato orgoglioso di me. Poi sono corso a casa, mi sono messo il pigiama con gli orsacchiotti e ho infilato nel lettore dvd un vecchio, romantico film d’amore. Ho passato la serata piangendo di commozione e sgranocchiando patatine e dolcetti.
(continua…) – Per leggere il seguito clicca qui: Il playboy de noaltri (Atto II)
Ceo sei il mio mito!