Siamo ad ottobre: a queste latitudini, nel profondo nord est, le romantiche gite serali al mare sono ormai un ricordo.
Il virus ammorbante delle cene di saluto al rientro dalle vacanze è ormai debellato. Le terrificanti serate a guardare 1700 scatti tutti uguali con relativi commenti (“questo era il nostro bungalow” – “questo il nostro aereo” – “queste le ali dell’aereo” – “queste le ali durante il decollo”…) sono anch’esse archiviate.
Ora non rimane che scordare le spiagge, le dolomiti, le serate sotto le stelle, i falò di ferragosto, e tornare alla realtà cittadina. Alla casa, al lavoro, alle abitudini di sempre. Dopo essersi rilassati è tempo di ripartire con la carica dell’entusiasmo!! Pronti a tornare in ufficio a darci da fare per uno stipendio che mese dopo mese assomiglia in modo sempre più sinistro alla rata del mutuo. Non possiamo nemmeno sperare troppo nella pensione: ci andremo da ottuagenari, con un mensile assai più basso di quello avuto da tutte le generazioni prima di noi. Facciamo orgogliosamente parte della prima generazione che regredisce.
Evviva!
Per fortuna c’è il caffè-sbobba della mensa che, dopo un pasto improbabile, aiuta ad arrivare a fine giornata. Appena rientrato in casa mi metto comodo e mi siedo finalmente a tavola per godermi la cena insieme alla mia donna. Che bello. Peccato che non riusciamo a litigare per più di due minuti consecutivi: il telefono squilla di continuo. No, non sono gli amici che ci invitano fuori, quelli chiamano al cellulare. No, non è un notaio che notifica la vincita al superenalotto. Sono delle petulanti signorine che fingendo entusiasmo ci propongono imperdibili affari legati alla telefonia. La mia innata cortesia ed educazione mi impedisce di sbattere il telefono in faccia a chicchessia; resisto addirittura alla loro indisponente, insopportabile insistenza. Lo faccio per solidarietà con una mia amica che lavora in un call center e deve violentarsi a fare 40 telefonate “piene di energia positiva” ogni 4 ore per uno stipendio da fame e con un contratto di lavoro precario.
Intanto la mia pasta si è freddata e mangio una specie di agglomerato colloso di spaghetti. Pazienza. Mi rifarò domani, scongelando qualche altra confezione di cibo pronto.
In TV propongono una serie di quiz idioti i cui conduttori cercano con mezzucci patetici di infondere dinamismo e tensione ad un format già cadavere. Prima di sapere la risposta ad una domanda in cui si vince un pupazzetto di peluche bisogna sorbirsi una musica da thriller, una pausa indigeribile, una serie di primi piani come nemmeno nei film di Sergio Leone, ed ecco che l’irritazione si mescola alla noia. Ma cosa vorrebbero fare, mettermi in agitazione? Alla fine rivelano con un rullo di tamburi e un applauso di venti minuti che i Promessi Sposi sono un’opera del Manzoni.
Ma andate a cagare.
Cambio canale e trovo Chuck Norris. Un mito. Espressivo come un comodino, prevedibile come un calendario: alla fine i buoni trionfano sempre e i cattivi vengono debellati a suon di calci rotanti, per la gioia di noi maschiacci bambinoni. Ma stasera c’è la mia donna. Dice che guardare Chuck Norris è da immaturo, che come attore ha due espressioni: una col cappello e una senza. E non capisce che è il suo valore aggiunto; non entra nell’ottica. Capace che arriva e mi psicoanalizza lì per lì con spietata freddezza tutta femminile.
Via via, giriamo con aria indifferente. Lo vedrò quando lei non c’è, assieme ai film di Steven Seagall, ai Simpson e alle partite di Champions.
Mi consolo con un buonissimo piatto di pomodori coltivati in Cina (in Cina??? Ma se abbiamo pomodori da buttare via… Mah…) e continuo con lo zapping. Due reality (no, non ce la faccio, ormai mi innervosisco già a sentirli nominare) e due fiction in cui l’attore più bravo abbaia. Bau Bau. Per vedere un programma decente bisogna essere dei nottambuli.
Ecco, lo sapevo, irrompe lei: “La TV ammazza il dialogo!” Ma cossa volla? Evidentemente non ho voglia di dialogare con te. Vabbè spegnamo.
Il sesso è sempre una alternativa valida, ma risolve solo una decina di minuti (doccia compresa).
Al cinema fanno solo boiate divertenti (e lei si rifiuta) o lungometraggi d’essai di registi afgani (e mi rifiuto io).
La playstation e la WII sono off-limits (“da alienati”, la sua sentenza).
Libri non si può (“asociale, almeno leggi quando non ci sono”).
Tennis sub iudice (“perchè vai a giocare con Beppe e non con me? Non mi ami?”)
Mah, risolvo l’impasse buttando lì qualche luogo comune sulle donne, così bisticciamo e non se ne parla più. Domani è un altro giorno.
Evviva.
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