Viaggi aerei e dinamiche di massa

Viaggio molto, per lavoro e per diletto, quindi mi capita spesso di utilizzare l’aereo. Le trasferte frequentissime, i molti check-in, la familiarità con tutti gli scali e le procedure, mettono il viaggiatore abituale in una posizione privilegiata: permettono di osservare tutti gli altri col distacco di chi non vive quella particolare emozione solitamente legata al viaggio aereo occasionale.

Per esempio si sviluppa uno strano sesto senso che permette di riconoscere a prima vista gli altri viaggiatori abituali: sarà l’indifferenza rispetto al contesto, il fatto che non si guardino molto in giro, che non ascoltino ogni avviso dell’altoparlante, che non abbiano lo sguardo acceso dalla magia del viaggio, che rimangano immersi nei laptop, negli smartphone o nei libri anche mentre dietro i vetri decolla un Airbus. Fatto sta che risultano subito riconoscibilissimi.

E poi saltano all’occhio alcune dinamiche piuttosto irrazionali e curiose riguardanti la maggioranza dei viaggiatori occasionali. Magari non ci si fa caso frequentando saltuariamente gli aeroporti, ma sono così buffe che a volte davvero sembrano persino comiche. Sembrerà che io stia esagerando o romanzando ma è tutto vero. Prendete un volo aereo e poi sappiatemi dire.

La sindrome da imbarco.

Quando l’altoparlante annuncia l’inizio delle procedure di imbarco, un numero elevatissimo di passeggeri viene colto dalla sindrome del centometrista: scattano tutti in piedi, armati di bagagli e pastrani, per correre a mettersi in coda davanti al gate di imbarco. Poi rimangono decine di minuti fermi in piedi ad attendere che la fila, piano piano, con molta calma, venga smaltita. Cosa li spinga a questo inspiegabile comportamento rimane un mistero che gli psicologi o gli sociologi farebbero bene ad esplorare.

Pensano di essere alla fermata dell’autobus? Hanno paura di perdere l’aereo? Temono che decolli senza di loro? Si immaginano di doverlo rincorrere lungo la pista? Paventano che vi siano più passeggeri che posti disponibili?

Ah, naturalmente tanta inutile solerzia nel seguire le indicazioni del signor altoparlante vale solo per l’annuncio dell’apertura del gate. Quando infatti le compagnie più organizzate ottimizzano gli imbarchi chiamando prima chi ha i posti in coda e poi via via tutti gli altri, il viaggiatore italico spessissimo non recepisce il concetto. Forse pensa che dicano così per dire. O forse l’idea di una organizzazione diversa da quella che preveda come priorità che lui, proprio lui, raggiunga e occupi il suo posto prima di altri, non riesce a fare breccia nella sua mente. Alla sagra e all’ufficio postale del paesello la sua strategia ha sempre pagato, d’altronde.

O magari, nel peggiore dei casi, capisce tutto ma fa il furbetto, sentendosi un gran dritto: lui intanto entra e chi si è visto si è visto. Oltretutto fa prima dei fessacchiotti che invece seguono le indicazioni dell’assistente di volo.

Come reagire? Boh, con gli italioti è spesso una battaglia persa. Io comunque ho un paio di suggerimenti.

Riguardo ai centometristi: rimanete seduti comodi a leggere e alzatevi solo all’ultimo momento, in modo da non creare code e assembramenti inutili: in un battibaleno vi troverete oltre il gate di fianco a coloro che sono rimasti in piedi col bagaglio per mezz’ora. Son soddisfazioni, lo so, ma il vostro sorriso appena accennato non li scalfirà: vi guarderanno come un bovino guarda il treno che passa, pronti a sfiancarsi in altre code inutili. Buon per loro.

Riguardo a coloro che entrano quando non devono entrare, invece, basterebbe che gli steward li chiudessero in cesso quando bloccano il flusso di imbarco perché sono gli unici idioti che si fermano a metà aereo quando tutti gli altri devono andare in coda.

La sindrome da atterraggio.

Il comandante, subito dopo l’atterraggio, raccomanda sempre di attendere l’apertura delle porte per accendere i telefoni cellulari. I passeggeri italiani però sono posseduti da un demone irrefrenabile: appena il velivolo tocca terra parte una sinfonia di suonerie di accensione varie e tutti smanettano come pazzi, ansiosi di mandare il loro urgentissimo SMS. No, non stanno salvando le sorti del mondo, non stanno digitando il codice di disattivazione di qualche testata nucleare in procinto di esplodere. Basta guardarli per capire che di James Bond hanno solo il cellulare. Stanno scrivendo probabilmente qualcosa del tipo “Pucci pucci sono atterrato, tutto bene. Butta la pasta. Il tuo orsacchiotto esploratore.”

Lo fanno ancora da seduti e poco dopo risulta chiaro il perché di tanta fretta: si devono dedicare ad altre assurde attività. Appena l’aereo si ferma, infatti, tutti scattano in piedi e volano ad aprire le cappelliere per tirare giù zaini e trolley, in un tripudio di borse in testa, giubbotti che cadono e zainetti che si incrociano. Forse si tratta sempre degli stessi centometristi che si scapicollano in coda nei gate d’imbarco. Nella fretta probabilmente molti arrivano a casa col bagaglio a mano di qualcun’altro, ma l’importante sembra sia fare tutto di corsa e in velocità. I motivi ancora oggi sfuggono ai ricercatori di tutto il mondo.

La cosa divertente è che poi rimangono a lungo fermi dentro l’aereo in attesa dell’apertura delle porte. Mediamente, a seconda delle tratte e delle compagnie aeree, i campioni della disciplina prendilbagaglioestainpiediscomodocomeunpirla (pare che il CIO abbia una mezza intenzione di ammetterla alle prossime olimpiadi) rimangono svariati minuti in bilico, schiacciati come sardine, tutti storti e piegati verso i sedili, con i bagagli in equilibrio precario.

Anche in questo caso, se avete avuto l’accortezza di prenotare un posto lato finestrino (non per ammirare il paesaggio ma per evitare i velocisti delle cappelliere) potete rimanere comodi a finire un nuovo capitolo del vostro libro. E anche in questo caso risponderanno al vostro sorriso impercettibile con uno sguardo fugace, vagamente smarrito: sono troppo impegnati a rimanere in equilibrio e a sudare per capire che il vostro divertito stupore è causato proprio da loro…

1 Commento

  1. Caro compagno di viaggio, hai dimenticato un particolare del’latterraggio. Insieme alla sinfonia dell’accensione dei telefoni c’è anche il ritmico suono dello sganciare delle cinture di sicurezza, come se una volta finita la manovra ci sia immediatamente il posteggio dell’aereo, stile star trek.

    Bravo, mi ci sono rivisto.:)

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