Pieno agosto, Padova è ammorbata da una cappa di afa soffocante.
Gli amici mi lanciano una proposta allettantissima: “Vieni a fare la via normale del Rifugio Giogo Lungo? Partiamo dalla Valle Aurina, quota 1600mt e arriviamo a 2600. Sono circa 3,5 ore di salita, poi dormiamo in rifugio e il mattino dopo scendiamo a valle; certo, ci vuole un po’ di allenamento ma…”. Come al solito accetto con entusiasmo: “Tsè, ho i quadricipiti più voluminosi del Triveneto e grazie agli anni di palestra esprimono un coefficiente peso/potenza superiore a quello dei motori di formula uno. Consideratemi già sul sentiero; anzi, vi aspetterò in rifugio…”.
Il giorno prima della partenza batto a tappeto tutti i negozi specializzati in articoli da escursionismo e trekking, informandomi su tutti gli ultimi ritrovati in termini di tessuti tecnici, accessori tecnologici e minchiate varie. Per poco meno di un milione di euro perfeziono l’acquisto di un kit che basterebbe per scalare tutta la catena dell’Himalaya in condizioni estreme. Mi manca l’allenamento, non cammino in montagna da una decina d’anni, ma sono dettagli insignificanti quando si ha la fortuna di avere un fisico bestiale.
Si parte. Con i nostri precisissimi altimetri satellitari misuriamo le prestazioni e scopriamo con soddisfazione che nel primo strappo di 200mt stiamo disintegrando il record europeo di velocità in salita. L’entusiasmo sale, le mie spaventose masse muscolari sono ormai calde, i quadricipiti pompano, si gonfiano, sembrano non voler smettere mai.
Dopo altri 200mt si manifesta qualche problema di fiato ma stringo i denti e vado avanti.
Arrivati a quota 2200 il record europeo è ormai consolidato, ma io comincio ad avere le idee confuse e i pensieri sfuocati. Incontro una escursionista carina e le chiedo cosa sta facendo il Milan, mi guarda stranita e non fiata. Quella dopo mi chiede quanto manca a valle e le rispondo “uno a zero, gol di Van Basten ai supplementari”. Però continuo a macinare passi su passi, lucidissimo.
A 2400 metri comincio ad avere visioni mistiche e un improvviso calo di zuccheri mette in discussione l’impresa. Reagisco con freddezza e razionalità: da dietro le rocce vedo le marmotte in atteggiamento sexy che ammiccano in baby doll. Mentre mi avvio allupato verso di loro mi appare una ex-morosa del liceo incazzata nera per la gelosia, e sopra il perizoma noto che ha le braccia di Tyson.
… Chi sono questi due signori che mi stanno riportando alla realtà? Ah già, i miei compagni di avventura. Subito mi informo “Dov’è la mia Tyson-morosa? Mi ha mollato? E com’è finita l’orgia con le pornomarmotte? Quante ne ho castigate?” Annuiscono e mi sorridono, rimpinzandomi di caramelle di glucosio ad assimilazione supersonica. Mangio anche una barretta di integratori acquistata all’uopo. Ha un sapore strano, il simbolo della radioattività sulla confezione e riluce di una strana aura verde come la barretta di Homer Simpson. Però il sapore è piacevole e nel giro di pochi minuti sono di nuovo in piedi.
Dopo oltre 4 ore, con l’aiuto prezioso dei miei compagni d’avventura, arriviamo infine in rifugio: niente record, ovviamente. Ci consoliamo con un panorama mozzafiato e rimaniamo qualche minuto ad ammirare il ghiacciaio di fronte a noi e il piccolo lago formato dalle acque di fusione. Le marmotte hanno perso ogni movenza sexy e sono tornate ad essere simpatici roditori che si abbeverano furtivi nel laghetto. Il tramonto su questo scenario è davvero uno spettacolo.
Alle 18.30 è pronto in tavola. Ci tuffiamo in una cena frugale a base di pastasciutta, fesa di maiale, crauti, patate, macedonia, tre pinte di birra e diversi grappini che ci riconcilia con la vita e innesca una allegra chiacchierata con gli altri ospiti; parlano solo tedesco stretto e non sappiamo cosa ci stiamo dicendo ma siamo tutti felici per l’impresa, per il luogo in cui ci troviamo e soprattutto parliamo il linguaggio universale dell’amore per la montagna.
Alle 22 tutti in branda: si spengono le luci e sul ghiacciaio si accende la luna piena. Il silenzio è assoluto ma nessuno sta dormendo: il riflesso della luce lunare sul ghiacciaio ha un fascino magnetico. Tuttavia la stanchezza si fa sentire e piano piano crolliamo tutti nel sonno, accompagnati da quel languore che solo la montagna può regalare a chi la ama.
A quando la prossima impresa dei tre arditi escursionisti?
Grande Marcello,
le tue emozioni sono le nostre emozioni!!
Ma tu guarda !
Al Ceo gli sono rimasti ancora i fantasmagorici quadricipiti che sfoggiava a cavallo fra gli anni 80 e 90 ?!?!?! 🙂
Da non credere !
BTW: Ti prego di inviarmi in privato il nome della barretta energetica radioattiva 😉
Ciao vecchio!
Evvediche tra poco giungerai a noi…
http://www.sanlorenzopd.it/wp/arditi/?page_id=71
Lo stile sta nel titolo…