Marco Presta – Un calcio in bocca fa miracoli

Confesso: l’ho comprato per il titolo indovinato e perché l’autore è un conduttore radiofonico che apprezzo. Però, a mia parziale discolpa nei confronti dei sussiegosi puristi delle biblioteche che ingenuamente trasaliscono di fronte a certe contaminazioni, preciso che prima di acquistarlo ho letto con attenzione la quarta di copertina. Ebbene, tutte le promesse che il libro mi aveva sussurrato durante quel primo, superficiale contatto, a partire dalla graffiante frustata del titolo, sono state mantenute.

Trama

L’intreccio gira attorno alla vita e ai ricordi di un vecchio falegname inacidito e scorbutico, che in realtà si intuisce fin dalle prime pagine essere più fragile e tenero di quanto non voglia sembrare. A partire dalle banali esperienze quotidiane il pensionato tesse la godibilissima tela delle sue deliziose digressioni sul mondo, sulla famiglia, sulle donne, sugli amici, sulla vita e sulla morte, intrecciando il più ruvido cinismo con la più struggente malinconia. Racconta della sua ex moglie ora ostile, del suo amico Armando, armato di un testardo sorriso nei confronti della vita, del difficile rapporto con una figlia quasi sconosciuta, delle sue pulsioni più o meno riprovevoli, del serraglio umano che lo circonda in un quartiere di Roma molto somigliante al quartiere di una qualsiasi nostra città. Soprattutto, spinto dalla sfrontatezza di chi non ha più nulla da perdere, si diletta a visitare i luoghi comuni in cui spesso ci rifugiamo per sbeffeggiarli senza pietà; se la spassa a stigmatizzare e ridicolizzare i difetti, le debolezze e le meschinità di tutti. E non perché si senta migliore o superiore agli altri, anzi: si trincera con cinica, consapevole vigliaccheria dietro il proprio status di “vecchio pensionato burbero” per togliersi un sacco di soddisfazioni nei confronti del mondo, rivendicare le proprie debolezze e compiere divertenti scorrettezze.

L’opinione del Ceo

Il libro si legge velocemente e regala molti momenti divertenti, anche se spesso gli affondi sono salaci, brucianti e diretti sotto la cintura. Alla fine quello che rimane sul viso è un sorriso amaro, intriso di una languida, preziosa malinconia. Non male, per un libro scelto sulla base del titolo…

Qualche citazione

Il bambino ai giardinetti oggi prendeva a calci un pallone. Si scalmanava, correva, afferrava la sfera con le mani. Diventerà un ottimo Italiano. La mamma lo faceva bere da un biberon di camomilla. Il progetto, da che esiste la razza umana, è sempre lo stesso: far crollare il pupo. Il cocktail di fatica fisica e bibitone dovrebbe funzionare. A un certo punto, la palla è arrivata vicino ai miei piedi. L’ho presa tra le mani.

– “Come si dice al signore?” – ha cantilenato la mamma.

Ridammela vecchio coglione, ecco come si dice.

Il bambino, invece, biascica un “grazie” talmente incomprensibile che potrebbe essere almeno altre cinque o sei parole. Gli porgo la palla, lui la prende rapido e la lancia a casaccio verso il mondo. Poi inizia ad arrancarle dietro. Fa bene ad esercitarsi, rincorrere è una delle poche attività che durano tutta la vita.

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Il barista esibiva la collezione primavera-estate dei suoi pareri con la portinaia. Ho finto di guardare nella cassetta della posta per fermarmi ad ascoltare.

… lui studia, intelligente è intelligente, però durante le interrogazioni si blocca, gli viene il “braccetto”, come dicono nel tennis.

Che cazzo ne sai del tennis, barista, neanche a bocce ti fanno giocare.

– … e così le risposte non gli vengono… e poi è terrorizzato dal voto… siamo nel terzo millennio e ancora si danno i voti agli studenti… è assurdo… la scuola dovrebbe dare felicità, in fondo, non credi tesoro?

Il mio vecchio scroto dà segni di vita. Cominciano a girarmi i coglioni. Sta dicendo una stronzata dopo l’altra e comunque, leggesse pure il Vangelo, ha usato la parola “tesoro”.

– … non lo so, io credo di essere un uomo aperto, moderno… anche se non sono più un ragazzo…

Se aggiunge “ma dentro mi sento vent’anni” gli do un cazzotto in bocca.

– …ecco, il voto, sinceramente, è proprio una cosa che andrebbe abolita… oggi come oggi a che serve?

“A evitare che un cretino qualunque, un somaro, si diplomi, poi si laurei e infine diventi il cardiochirurgo che un bel giorno ti opererà a cuore aperto, mandandoti al creatore… ecco a cosa serve”. Non ho resistito, mi sono insinuato come una infiltrazione di muffa nel loro discorso.

…e che vuol dire? – balbetta il barista, che non si aspettava un attacco dall’androne del palazzo come la Francia non se lo aspettava dalle Ardenne. – Il voto mica sempre riconosce il vero valore… e poi gli insegnanti vanno a simpatia… Einstein andava male in matematica, per dire…

Questa l’ho sentita dire un milione di volte. Il giovane Einstein una volta avrà studiato poco per uscire con una ragazza e questo stupido episodio è diventato un alibi per milioni di zucconi in tutto il mondo. In Italia invece, a differenza della Germania ai tempi del giovane Einstein, siamo pieni di geni compresi. […]

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