Breve squarcio su un contrasto un po’ sacrilego ma emozionante. E non si tratta di cucina.
Tutto si è svolto durante una gita sulle “mie” montagne, con una ragazza originaria di lande italiche assai distanti. Ero curioso di assistere all’accostamento tra il suo accento delizioso e i panorami mozzafiato che da sempre mi nutrono il cuore. A posteriori posso dire che ne è valsa la pena.
Ha acceso le dolomiti con i colori caldi del Mediterraneo, il suo profumo di mandorle e gelso si è mischiato con le essenze dei boschi alpini. Attorno a lei la brezza marina danzava con l’aria tersa delle cime, la salsedine amoreggiava con la brina. Il contrasto tra sapori e fragranze era delizioso, e le emozioni che mi regalava decisamente inebrianti. Forse troppo.
Probabilmente stavo vedendo tutto attraverso la lente distorta ed ingannevole dell’incantesimo più antico del mondo. Eppure, come ogni vittima di quell’inganno, ho deciso di crogiolarmi nella magia che mi teneva prigioniero, senza dirle nulla. Se è vero che gli angeli amano in silenzio, come dice qualcuno, a volte è opportuno amarli allo stesso modo. Mi sarei limitato ad inebriarmi di lei fino all’ultimo istante di quel week end.
Come è ben noto a chi ne è rimasto colpito, quel tipo di incantesimo tende ad imbrigliare ogni respiro, ad infiltrarsi nel sangue, a catturare tutti i pensieri. L’accostamento tra canederli e cannoli si era rivelato assai più esplosivo di quanto potessi immaginare; nemmeno il sonno mi ha concesso tregua: la notte ho dovuto combattere tra la tentazione irresistibile di guardarla mentre dormiva e il timore di non riuscire più a distogliere lo sguardo fino all’alba.
Sulla strada del ritorno, quando il magone del distacco cominciava ad ammorbarmi i pensieri e lo stomaco, ho approfittato dell’orario per prolungare l’emozione di starle accanto, simulando una fame atavica e proponendo una sosta per cena: ricordo quella pausa come una parentesi meravigliosa. Le ho lasciato il posto a favore della vetrata panoramica, ma la vista mozzafiato me la sono goduta io: ho rischiato di annegare nel suo sguardo colossale, mi sono ubriacato del suo sorriso, ho danzato sulla melodia delle sue parole.
Era a fuoco solo lei, il mondo d’improvviso appariva sgranato e privo di colori. Non riuscivo a togliermi dalla testa la strofa di una canzone splendida: “Nascon fiori dove cammina…“. Avrei voluto dirglielo. E aggiungere frasi sdolcinate celebrando i suoi occhi, il suo profumo, la sua sensualità, o uggiolare altre stucchevoli parole d’amore improvvisate, ma lo stomaco era annodato e i pensieri mi si attorcigliavano addosso. Meglio tacere, e lasciar parlare la sua armonia.
Arrivati a casa sua, ho sentito una fitta nell’anima: era arrivato il momento che non volevo vivere, la fine dell’incantesimo, il risveglio dal sogno. Ad ogni suo passo verso la porta mi sentivo strappare dal petto una libbra di cuore, ma non sono stato abbastanza forte da distogliere lo sguardo. Nemmeno quando, chiudendo la porta, mi ha scagliato un dardo infuocato nel petto, disegnando nell’aria l’idea di un bacio lieve, breve e prezioso.
Ho ingranato la prima e aggredito le strade come un lupo inferocito, per fuggire lontano da quella sbornia di emozioni, per non farmi ferire da voli pindarici del cuore, per non sentirmi ancora sull’orlo di un abisso di felicità senza potermici gettare dentro. Tentativo di fuga inutile: nessun motore può spingere più forte di un pensiero d’amore.
Bello! Un racconto dolce stil novo con temi riconducibili alla scuola siciliana.
Mi chiedevo….. Non potresti rendere un po’ più terrena questa donna angelicata, onde riuscire a trattenerla, senza lasciarla allontanare verso la sua casa, e consegnarle le libbre del tuo meraviglioso cuore, senza fartele strappare?
Bacio. La miglior cugina