L’erba del vicino

Mi sono recato all’estero per un viaggio di lavoro.

Caso vuole che stavolta dal giro di mappamondo sia uscito un Paese a noi vicino, almeno geograficamente; un Paese che gioca un ruolo da protagonista nella cara vecchia Europa, col quale condividiamo da sempre rivalità (sportive e non), alleanze (non sportive…), che spesso dipingiamo ricorrendo a luoghi comuni triti e ritriti (ma loro fanno lo stesso con noi), che sbeffeggiamo dopo ogni disfida calcistica da Messico ’70 in avanti, ma dal quale veniamo sbeffeggiati in altri ambiti (forse meno frivoli).

Ebbene sì, sono stato in Germania.

Alcuni appunti, tanto per parlare di fatti e non di parole prese a prestito da altri.

L’imbarco in aereo della compagnia aerea tedesca è stato veloce e organizzato per file, ovvero hanno imbarcato prima i passeggeri delle ultime file, poi quelli al centro e infine quelli nella zona anteriore; sembra un dettaglio irrilevante, ma in questo modo abbiamo evitato ingorghi nel corridoio del velivolo, contorsioni acrobatiche per oltrepassare chi non si siede e cazzeggia coi bagagli bloccando la fila e scene adrenaliniche di bagagli appuntiti e pesanti qualche tonnellata passati sopra le teste per infilarli in qualche buco libero. Soprattutto, l’imbarco è stato rapido e non ci sono stati ritardi nella partenza. Dice che capita anche in Italia. Vabbè, magari capita, appunto; qui è metodo. Ci hanno dato anche due quotidiani da leggere, e durante il volo hostess e steward ci hanno offerto snack e bibite in quantità (erano disponibili persino vino bianco e vino rosso), senza mai smettere di sorridere. Siamo arrivati esattamente all’orario previsto e appena il velivolo si è fermato hanno aperto i portelloni: il tempo di uscire nel finger e abbiamo raggiunto il terminal arrivi, senza rimanere schiacciati in aereo in piedi per decine di minuti come sardine per motivi misteriosi, come capita spesso negli hub nostrani.

Ma per carità, sono dettagli: anche se si decolla e di atterra in ritardo, anche se ti arriva un bicchier d’acqua calato dall’alto, anche se in cabina gli addetti sono stressati e musoni, anche se si rimane bloccati in aereo all’arrivo per un quarto d’ora, l’importante è giungere bene o male a destinazione, avrei detto in Italia…

In aeroporto un monitor indicava chiaramente su quale nastro sarebbero stati depositati i miei bagagli e, sorpresa, una volta arrivato al nastro un’altro monitor snocciolava il countdown per l’arrivo delle valigie. Un po’ esagerato, ai limiti dello stucchevole, direte voi… Qui la pensano diversamente e hanno una concezione dei servizi che non prevede, per l’utente finale, la necessità di elemosinare informazioni in giro, cercando qualcuno con una divisa riconoscibile. Ah, per dovere di cronaca segnalo che il countdown ha sgarrato di una ventina di secondi; sì, per una frazione di secondo mi è balenata la luciferina tentazione di andare a protestare per il ritardo, ma poi ho preferito rinunciare… E sempre in omaggio ai luoghi comuni, va detto che a terra non c’era una cartaccia, una sigaretta spenta o un adesivo per i bagagli nemmeno a cercarli col lanternino.

Ma per carità, anche questi sono dettagli: l’importante è che dopo aver aspettato 15 o 20 minuti in mezzo alle cartacce che rotolano, il bagaglio arrivi e non si sia perso in giro per i terminal, o non sia stato setacciato e “alleggerito” nel frattempo, avrei detto in Italia.

Uscendo dall’aeroporto c’erano decine di autobus e taxi (tutti regolari e con licenza) e ho scoperto con piacere che tutti i conducenti parlavano inglese. Altra sorpresa è stata quella di essere informato dal tassista sull’importo approssimativo da pagare per giungere a destinazione, prima della partenza e senza averlo chiesto.

Per carità, si tratta ancora pur sempre di dettagli: si può anche girare un po’ intorno all’aeroporto per cercare i taxi e sperare che ce ne siano liberi, ci si può anche intendere a gesti col tassista e incrociare le dita sperando di avere contanti a sufficienza per pagare la corsa… L’importante è arrivare a destinazione in un modo o nell’altro, avrei detto in Italia.

Il viaggio di lavoro è terminato. Tornare in Italia e sentirsi a casa, con l’orgoglio delle proprie radici che scorre nelle vene, è stato come sempre bellissimo.

 Apprezzare alcuni dettagli invece, mi è risultato un po’ più indigesto.

1 Commento

  1. Caro ragazzo,
    forse io viaggio un pochino più di te all’estero o forse ci faccio caso di più… ma come te e come tantissimi italiani, mi rendo sempre più conto di essere in un paese del terzo mondo, anzi forse quarto, perchè ci sono paesi che noi consideriamo come zoticoni che ci fanno pelo e contropelo ! Qualche nome ? Slovenia ed Estonia

    Per ritornare ai nostri amici teutonici.
    Io sono rimasto folgorato dal servizio autobus per chi ha anche la bicicletta… il ciclista appende la bicicletta davanti al Bus su apposite staffe con il cocchiere che aspetta, ti aiuta e sorride senza alcun tipo di smorfia o bestemmione che uno dei nostri invece avrebbe fatto !

    Purtroppo per noi i servizi… sono i cessi alle scuole… “Scusi Prof posso andare ai servizi ?” 🙂

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